(a cura di Aniello Franzese, Referente tecnico Industrial) La depurazione dei…
La nuova Direttiva Acque Reflue, tra sfide e soluzioni innovative
(a cura di Ivana Sanvito, Direttore tecnico ETC Engineering)
Le acque reflue possono rappresentare una delle principali cause di inquinamento idrico se non vengono trattate in modo opportuno, andando a danneggiare la salute umana e l’ambiente. La direttiva 91/271/EEC (Direttiva Acque Reflue Urbane) ha generato una notevole riduzione delle emissioni inquinanti nell’ambiente idrico, dimostrato dal fatto che negli ultimi 30 anni la qualità dell’acqua nell’UE è notevolmente migliorata.
Obiettivi sfidanti
La Nuova Direttiva Acque Reflue si pone l’obiettivo di revisionare le norme dell’UE in materia di gestione delle acque e di trattamento delle acque reflue urbane per una migliore protezione della salute pubblica e dell’ambiente, in linea con gli obiettivi dell’UE in materia di azione per il clima, economia circolare e riduzione dell’inquinamento.
La Nuova Direttiva si pone degli obiettivi sfidanti che coinvolgono diversi attori del servizio idrico integrato, tra le sfide principale abbiamo:
- Contrastare l’inquinamento derivante dai piccoli agglomerati che esercitano una pressione significativa sull’11% dei corpi idrici superficiali dell’UE;
- Contribuire alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, promuovendo l’efficienza energetica e la produzione di energia rinnovabile dalle attività di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane, concorrendo al raggiungimento dell’obiettivo dell’UE di inquinamento zero proclamato con il Green Deal europeo;
- Riduzione dell’emissione di azoto e fosforo causa di eutrofizzazione dei corpi idrici e dei mari dell’UE, con applicazione di limiti più stringenti per gli impianti di trattamento di maggiori dimensioni (maggiori di 150.000 AE) o per agglomerati che scaricano in aree sensibili;
- Introduzione del trattamento quaternario per assicurare la rimozione di microinquinanti residui dalle acque reflue urbane;
- Incoraggiare e praticare il riutilizzo delle acque reflue urbane trattate, soprattutto nelle zone soggette a stress idrico e migliorare la gestione dei fanghi allineandola maggiormente ai principi dell’economia circolare;
- Attuare una sorveglianza delle acque reflue urbane con lo scopo di migliorare la sanità pubblica.
L’art. 7 e in particolare l’allegato I, parte B, tabella 2, definiscono i nuovi limiti allo scarico per fosforo e azoto che per impianti di potenzialità maggiore ai 150.000 AE corrispondono rispettivamente a 0.5 mgP/L e 8 mgN/L. In parallelo all’obiettivo di un miglioramento della qualità dell’effluente, sia in termini di trattamento terziario che quaternario, la nuova Direttiva all’art. 11 pone l’obiettivo della neutralità energetica nel 2045. Questi due obiettivi sono molto sfidanti sia dal punto di vista tecnico che economico, ma possono essere visti come un’opportunità per ottimizzare gli impianti di trattamento esistenti e per poter adottare tecnologie innovative presenti sul mercato e investire in nuove infrastrutture.
La risposta della tecnologia
Dal punto di vista tecnico sono presenti sul mercato diverse tecnologie innovative che permettono di rispondere alle nuove richieste normative in termini di qualità allo scarico e che consentono di ottimizzare anche i consumi energetici dei processi di trattamento più energivori di un impianto di depurazione, quali il comparto biologico che ha un’incidenza media dei consumi elettrici di un WWTP pari al 60%.
Processi innovativi per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione Europea
Il primo passo per andare verso la neutralità energetica è sicuramente la riduzione del consumo energetico dei processi di trattamento, a cui poi si andrà ad aggiungere la massimizzazione della produzione di energia negli impianti stessi attraverso ad esempio la massimizzazione della produzione di biogas dal trattamento fanghi, le sinergie con il trattamento di reflui extra-fognari e la produzione di energia rinnovabile (pannelli fotovoltaici, turbine, etc.).
Tra i processi innovativi che permettono di adeguare gli impianti esistenti per far fronte a carichi crescenti, a limiti più stringenti imposti dalla Nuova Direttiva e al miglioramento dell’efficienza energetica si possono annoverare i processi MABR (Membrane Aerated Biofilm Reactor) e i processi AGS (Aerobic Granular Sludge).
Processo MABR
Il processo MABR è un innovativo processo di trattamento biologico a biomassa adesa che utilizza membrane gas-permeabili per facilitare il trasferimento di ossigeno ad un biofilm attaccato alle membrane. Il processo prevede una diffusione rapida dell’ammoniaca (NH4) all’interno della pellicola biologica verso la zona aerobica vicina alla membrana stessa, favorendo quindi la crescita della biomassa nitrificante.
Le membrane possono essere installate all’interno del comparto anossico, in modo tale che i Nitrati che si formano dal processo di nitrificazione all’interno del biofilm vengono rilasciati nel bulk liquid in cui avviene il processo di denitrificazione, garantendo quindi nitrificazione e denitrificazione nello stesso volume biologico. L’insufflazione dell’aria direttamente all’interno della membrana migliora il trasferimento dell’ossigeno e riduce il consumo di energia elettrica associato al processo aerobico e di conseguenza diminuisce l’emissione dei gas-serra.
Tecnologia AGS
La tecnologia innovativa AGS utilizza invece un fango che si presenta in forma granulosa, con proprietà intrinseche che permettono di raggiungere rese depurative elevate, risparmiando al tempo stesso superficie richiesta, energia e costi. Il processo fu scoperto nel 1995 dalla Delft University of Technology (DUT) e successivamente sviluppato prima a scala di laboratorio e poi a scala reale.
La biomassa granulare aerobica offre diversi vantaggi in confronto ai fiocchi di fanghi attivi, grazie in particolare alla buona capacità di sedimentazione che determina una migliore ritenzione e una concentrazione più elevata di biomassa. Inoltre, le particelle formatesi forniscono una matrice strutturata per la crescita di biomassa poiché contengono sfere in condizioni anaerobiche, aerobiche e anossiche, che sono popolate da microorganismi differenti, compresi organismi fosforo accumulanti (PAO), nitrificanti, denitrificanti e organismi glicogeno accumulanti (GAO).
Questo consente lo svolgimento simultaneo di tutti i processi necessari per la rimozione dei nutrienti ed è alla base della semplicità e della riduzione al minimo dello spazio necessario al processo, oltre che ridurre al minimo le apparecchiature elettromeccaniche (pompe di ricircolo, mixer, carroponti) con conseguente riduzione del consumo energetico. Il processo a fanghi granulari, rispetto ai processi a fanghi attivi convenzionali, è caratterizzato da consumi energetici significativamente più bassi e quindi minori emissioni di gas serra ad essi associati, producendo un effluente di elevata qualità.
Conclusioni
Per poter tendere verso gli obiettivi imposti dalla nuova Direttiva Acque è sicuramente necessario apportare dei cambiamenti a quanto fatto fino ad oggi, andando ad investire su tecnologie innovative come quelle riportate sopra. Dal punto di vista tecnico siamo ad un livello di conoscenza che permette sicuramente di poter iniziare questo cambiamento. Sia il processo a fanghi granulari che la tecnologia MABR sono stati implementati in svariati impianti operativi da anni soprattutto all’estero: esistono quindi tutte le competenze tecniche per poterli applicare con successo anche in Italia.
Come ETC Engineering abbiamo avuto modo di poterli valutare in diversi studi di fattibilità, scriveteci se volete maggiori informazioni o volete avere una verifica gratuita di fattibilità con l’applicazione di queste tecnologie.